One Shot

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Una sera per tre sculture

Sabato 16 Dicembre 2017, ore 21,00
GIANNI CARAVAGGIO / ALBERTO GIANFREDA / SILVIA VENDRAMEL
Galleria Monica Villa Contemporanea,
Monza, via Bergamo 20, Monza
con la partecipazione di:
MATTEO GALBIATI/LEDA LUNGHI

Villa Contemporanea è lieta di invitarvi ad una serata speciale, di confronto e presentazione di tre opere di tre artisti contemporanei: Gianni Caravaggio, Alberto Gianfreda e Silvia Vendramel. Ognuno di loro porterà un’opera che non cerca per forza il dialogo con le altre. Tre artisti differenti per formazione e sensibilità ma accomunati dalla propensione a travalicare i confini della scultura.

Condurranno questo dialogo aperto Matteo Galbiati e Leda Lunghi che ci aiuteranno ad approfondire le opere degli artisti indagando il concetto di tecnica e di opera, ma anche a dare una loro interpretazione personale alle emozioni scaturite dalla visione dei lavori.

Gianni Caravaggio presenta “Cosmicomica”, 2006, un poliedro di marmo bianco accoglie nei suoi angoli dei semi di lenticchie rosse.
La forma poliedrica irregolare del marmo statuario può appoggiarsi su ogni lato. A seconda del suo punto di appoggio le lenticchie rosse possono posarsi a loro volta su determinate piccole concavità che si trovano su ogni angolo della forma marmorea. Per ogni differente appoggio si crea una determinata costellazione delle lenticchie rosse.
La precarietà della forma di marmo fa sì che l’artista appoggi l’opera ogni volta in modo differente creando una visione del cosmo diversa. Da qui il titolo “Cosmicomica” ispirato a “Cosmicomiche” di Italo Calvino, i cui racconti come la sua scultura sono un gioco con la fantasia del cosmo.
La ricerca artistica di Caravaggio sottende ad un ripensamento della scultura; utilizzando materiali classici quali marmo e bronzo, ma anche materiali di uso quotidiano come carta, cuoio, borotalco, semi, zucchero, l’artista indaga il gesto artistico come atto demiurgico. L’opera di Caravaggio muove l’immaginazione dello spettatore che vi riconosce una sua immagine particolare, mettendo in discussione la nostra capacità percettiva. “Gli universi di Caravaggio – secondo Emma Zanella e Lorand Hegyi – trasmettono costanti vibrazioni che il pubblico è invitato a sentire e a cogliere, mettendo in atto forme di riconoscimento sempre variabili. Ogni opera plastica di Gianni Caravaggio si contrappone infatti a capacità di orientamento e a processi cognitivi che fanno riferimento al nostro modo di vedere l’universo, alla percezione che abbiamo dei processi reali che governano le relazioni umane e sociali”.

Alberto Gianfreda ci mostra un’opera della serie “Nothing as it seems”, 2017 che riflette sui temi di icona e resilienza. Un vaso cinese di produzione industriale viene frammentato e ricostruito su una maglia metallica mobile che conferisce all’oggetto infinite possibilità di trasformazione della forma. Il vaso perde la sua funzione originale di contenere ma nonostante questo il nostro occhio continua a leggere l’oggetto iniziale. Il processo di frammentazione sposta l’oggetto da un sistema ad un altro: dalla dimensione funzionale a quella riflessiva dell’arte, dalla serialità dell’oggetto al pezzo unico, ribaltando tutti i valori compreso quello di distruzione come fine in favore dell’adattamento dell’icona.
La mobilità e le possibilità espressive che l’accostamento di materiali differenti determina sono una prerogativa della ricerca di Gianfreda. Forma e spazio sono strettamente connessi e indivisibili. L’indagine dei materiali è sempre stata al centro della sua ricerca; marmo, ferro, legno, carta, ceramica, terracotta sono messe in relazione in un complesso gioco di rimandi. In tutta la produzione dell’artista si percepisce un equilibrio tra forza e levità, tra leggerezza e mutazione. Le sue opere sono tese ad un divenire di cui noi siamo spettatori.

 

Silvia Vendramel è presente con “Etrusca/Stendardo”, 2017, un’opera realizzata con materiali di diversa natura in cui elementi di recupero si fondono ad un disegno nello spazio realizzato attraverso l’utilizzo del tondino di ferro.
La scultura si erge come sospesa creando una figura/paesaggio.
La libertà della linea, evocata dall’uso del tondino, che tanto ricorda il tratto della matita sul foglio, è sostenuta e riportata alla sua forza di gravità da un blocco di cemento (recuperato). Quasi come un vezzo, la figura, si appropria di un elemento floreale che diventa al contempo trasformazione del tratto ma anche apertura verso l’elemento decorativo; la nudità della struttura di ferro si veste a festa.
La ricerca di Silvia è tesa ad indagare la possibilità di incontro di materiali differenti, creando tensioni e fusioni inaspettate, invitandoci a riflettere sul dialogo tra opera e spazio e tra memoria e presente. Le sue sculture raggiungono una forma spesso sulla base della imprevedibilità. Leggerezza, costrizione, gesto, conflitto dei materiali sono alla base del suo operare.
Rendendo tangibile ciò che è effimero e spesso estraneo ciò che è familiare, la sua ricerca si basa sullo spostare e trasformare elementi del quotidiano per dar luogo a un dialogo con la realtà che la circonda.
 Il suo procedere varia, in equilibrio tra razionalità e intuito, in un dialogo costante con la mutevolezza del divenire.




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